Ho approfittato della pubblicazione de I grandi sognatori della scrittrice statunitense Rebecca Makkai per raccontare un’epoca storica di cui si sono perse le tracce per stigma e paura, ma la pandemia da AIDS non è mai finita. Nell’articolo su L’Indiependente scrivo, senza spoiler, dei perni del romanzo di Makkai, Yale e il suo compagno Charlie, di cui conosciamo i profili già nelle prime pagine. Nico, l’altro amico, è morto di AIDS da tre settimane e quello a cui assistono Yale e Charlie è un human domino, come lo definirà la stessa Rebecca Makkai più avanti nella narrazione, cioè un lungo elenco di funerali di amici e conoscenti.
Ma cosa è stata l’AIDS crisis, perché membri della comunità gay statunitense dell’epoca muoiono in una ecatombe che pare colpire solo loro? Cosa sapeva la scienza nel 1985, anno in cui è ambientata una parte del romanzo? E che azioni intraprese l’amministrazione Reagan in quegli anni? Spoiler: nessuna.
L’articolo, allora, analizza come Rebecca Makkai ha scelto di scrivere e romanzare un pezzo di storia che fatica a trovare spazio, schiacciato dalla narrazione clinica della malattia.
Una questione cruciale del libro: può Makkai, una donna ciò bianca, raccontare del trauma della comunità LGBTQ+ di Chicago? La risposta è nelle note finali del romanzo.
Per saperne di più sul romanzo e sull’AIDS crisis
I riferimenti storici ne I grandi sognatori sono molti, ma uno è il più significativo di tutti: la marcia ACT UP Chicago del 23 aprile 1990, citata nel romanzo e visibile su YouTube – trovi tutto su L’Indiependente, assieme a un corposo elenco di risorse per esplorare quegli anni.
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