Un giorno è nata quest’idea di comprimere un’intervista e ridurla a tre domande in cui lascio il mio spazio a chi scrive, partendo proprio da tre spunti nati dal suo romanzo. Speravo di poterla declinare soprattutto su chi esordisce o su giovan* autrici e autori perché niente mi affascina di più di come nasce un libro, soprattutto se è il primo o uno dei primi. Natalia Guerrieri è stata così gentile da rispondere alle mie riflessioni sui massimi sistemi innescate dal suo secondo romanzo, Sono fame edito da Pidgin edizioni.
Si tratta di una storia di sfruttamento, condanna alla performance, burnout, nonché sul frantumarsi di sogni e desideri di un’intera generazione che ancora fatica a farsi ascoltare. Cominciano adesso a emergere le storie personali nelle inchieste giornalistiche, nei social network, in qualche romanzo, ma ce ne vogliono ancora perché anche io ho storie da raccontare che ancora non trovano spazio. Ma sono un po’ felice perché Guerrieri, in qualche modo, ha parlato anche di me e delle mie sconfitte. E la mia parvenza di riscatto dalle vecchie umiliazioni passa anche dai romanzi.
Le tre domande a Natalia Guerrieri sono su L’indiependente.