Di soldi e pensioni

Si sono avvicinati in quattro: due che sorreggevano il più basso, un terzo che faceva strada. “Andiamo a sederci lì”, ha detto il terzo indicando la panchina più vicina, accanto a una coppia con un cane lupo dallo sguardo attento. Li ha visti arrivare e sfilare incerti seguendo il passo dell’uomo anziano più basso, il guinzaglio teso a tirare sul petto.
«Non si avvicinerà a loro.»
«Non si sa mai» ha risposto lei col guinzaglio stretto nelle mani mentre immaginava il cane avventarsi sul gruppo di anziani creando scompiglio e distruzione. Il cane, però, non ha battuto ciglio, anzi ha lasciato che si sedessero per parlare di soldi e pensioni.
«Il governo nen capisc nu cazz!» ha gridato il più anziano con voce imperiosa proprio quando si erano rilassati. Il cane, per lo spavento, si è alzato di scatto, li ha fissati per un lunghissimo minuto di silenzio e poi ha iniziato ad abbaiare coprendo le urla dei ragazzini in fondo, le voci dei quattro vicini di panchina e gli improperi verso il sistema economico mondiale. Portato lontano dalla vista dei quattro, il cane ha scaricato la tensione accumulata contro l’INPS e il governo solo masticando un ramo tra le margherite.
«Sembrava si capissero, stessa rabbia» ha detto lei col cuore ancora accelerato in petto.
«È perché sono coetanei», ha risposto lui, più calmo, alludendo all’età avanzata del cane, solido dodicenne.
Quando la ragazza è tornata sui loro passi a riprendere la palla dimenticata dal cane, i quattro erano ancora lì. Ha fatto un cenno al più basso per scusarsi della gara di urla e abbài e lui le ha risposto con lo stesso cenno e un’espressione sorniona sul viso segnato da rughe e sole, per scusarsi di come avevano fatto agitare il suo cane con quelle brutte storie di soldi e pensioni.

Photo credits: Alessia Ragno.

Periferia di Bari

C’è una periferia di Bari senza drammi o disagio sociale, una parte della città in cui puoi ancora ritagliare via dalle foto i rifiuti, le erbacce, i cantieri disordinati, i suv parcheggiati su marciapiedi sbriciolati, i cartoni delle pizze al cofano, l’incuria dei più facoltosi che sono padroni insolenti di campi incolti in cui imperano ruggine e plastica. Per resistere in una periferia ricca per gli altri e decadente per te, nell’unica casa piccola dietro i giganti a dieci piani, non resta che cercare gli ulivi, i fiori gialli, l’erba spontanea, oppure alzare la testa e trovare un cielo più grande di quello in centro, in attesa che ci costruiscano palazzi ombra intorno.

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La stellina

la sabbia della psiaggia di Pane e Pomodoro Bari e una stellina rosa al centro

la sabbia della psiaggia di Pane e Pomodoro Bari e una stellina rosa al centro «Ma che stai cercando?»
«Pietre colorate.»
Quando la sabbia è tornata, sono riuscita a riconoscere le scarpe che erano passate prima di noi dall’impronta che avevano lasciato in mezzo alle tracce dei gabbiani.
«Hai finito di giocare a CSI?», ma rideva.
«Quasi», ho risposto, e mentre parlavo ho trovato la stellina, il tesoro che cercavo.

Foto di Alessia Ragno.

Problem solving

La spiaggia di pane e pomodoro e in fondo il frangiflutti connessi da una lingua di sabbia

Ho camminato sull’acqua approfittando di un lembo di sabbia sottile scoperto dalla bassa marea.
La spiaggia di Pane e pomodoro e il frangiflutti, quello che mi era sempre sembrato lontanissimo, erano uniti da un corridoio pieno di zeppo di anime in fila indiana. Gli ho chiesto con voce seria: «Ma ce la faranno a ritornare sulla terraferma?».

Con la mano destra indicavo chi scrutava la città dagli scogli in mezzo al mare mentre la marea saliva lentamente.
«Non ti devi sempre porre un problema» ha risposto lui, «ritorneranno a piedi nudi arrotolando i pantaloni sul ginocchio».
«Può essere», ho risposto, immaginando la stessa fila di anime che nella mia testa procedeva a ritroso, disturbata da piccole righe orizzontali come nel rewind di una videocassetta.

Problema risolto, impresa compiuta.

Figli, figlie di Ivana Bodrožić

Il romanzo Figli, figlie di Ivana Bodrožić nella mia libreria circondato da altri libri di narrativa europea

Lucija è una giovane donna paralizzata da un incidente, può soltanto muovere le palpebre in cenno di assenso quando le altre persone si ricordano di parlare con lei. Dorian è l’uomo trans che l’ha amata fin da subito e che con lei ha costruito un rapporto disperato le cui fondamenta affondavano nella paura. E infine, c’è la madre di Lucija, contraria alla loro relazione, ispessita da un passato violento e senza redenzione, una donna persa nel rimpianto. Sono questi personaggi il cardine uno e trino di “Figli, figlie”, romanzo dell’autrice croata Ivana Bodrožić pubblicato da Sellerio Editore nella traduzione di Estera Miočić.

Il romanzo Figli, figlie di Ivana Bodrožić nella mia libreria circondato da altri libri di narrativa europea

Due i temi principali, entrambi legati dal filo comune della società maschilista e violenta in cui Lucija si muove, fino a quando può. Tre voci narranti, tre traumi analizzati con minuzia e rimpianto, fino ad arrivare alla scoperta avvilente che l’oppressione e il trauma nascono per lo più nel baluardo fondante del patriarcato: la “famiglia tradizionale”, qualsiasi cosa questa abusata espressione voglia dire.

Su l’Indiependente l’analisi completa della mia lettura preferita di settembre per esprimere quanto sia liberatorio per me, in questa contemporaneità, leggere ferocia che Lucija usa per raccontare l’ottusa mascolinità tossica e fascista, la cui violenza genera molti dei mali moderni. 

Per saperne di più

Ivana Bodrožić è nata nel 1982 al confine tra Croazia e Serbia. Il suo primo romanzo si chiama “Hotel Tito” ed è stato pubblicato in Italia da Sellerio.