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Diluvio di Stephen Markley

Una composizione di fiori di campo e foglie di papavero: margherite rosa, fiordaliso azzurri, papaveri rossi e simil margherite gialle.

Quando Stephen Markley esordiva con Ohio, Diluvio già esisteva in multiple versioni. Un progetto ambizioso che ha impiegato più di dieci anni per essere completato, un primo manoscritto di 1500 pagine che poi è diventato il romanzo di 900 pagine uscito nelle librerie statunitensi (la versione italiana ne ha 1300 ed è stata pubblicata da Einaudi nella traduzione di Manuela Francescon e Cristiana Mennella). Stephen King l’ha definito un classico moderno, l’endorsement non poteva essere più promettente, ma pur rimanendo Markley uno scrittore di talento, non si potrebbe gestire un romanzo di questa portata e i suoi sette personaggi principali altrimenti, il risultato è che Diluvio è troppo di tutto: troppe pagine, troppi personaggi, troppa ambizione. E pure se è stato presentato come un monito al futuro del pianeta, con delle inquietanti e accurate anticipazioni degli eventi del 2025, alla fine ci si chiede se questo modo di raccontarlo sia davvero efficace.

Copertina del libro Diluvio di Stephen Markley fotografato in una libreria.
Foto di Alessia Ragno.

Sette personaggi principali connessi da una sola catastrofe, quella climatica, che si dispiega in trent’anni di storia statunitense (dal 2013 al 2040 circa) e un inasprimento generale delle condizioni di vita, ma anche del clima sociale e politico. Ognuno dei protagonisti reagisce come può, ma ognun* è inadeguat* a suo modo. Spiccano su tutti lo scienziato Tony Pietrus, l’esperto che diventa nemico pubblico, e il filo conduttore della narrazione, Kate Morris, sfacciata, aggressiva, impossibile, da Markley descritta come eroina femminista, ma solo nel senso che un uomo sa dare questa definizione.

L’analisi completa è su L’Indiependente.

Per approfondire

Stephen Markley parla del risultato delle elezioni americane e di Diluvio per Climate Majority Project.

Diluvio recensito sul Guardian.

Diluvio sul NYTimes.

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