Parlano sentendosi a malapena nel maestrale che scuote panni stesi e luminarie.
«C’è la festa del patrono la settimana prossima?»
«Eh? Peppì che hai detto?»
«La festa patronale!»
«Sì, sono le luminarie della festa.»
«Dici che cadono se il vento continua così?» urla Peppino.
«No, ma quando mai» risponde poggiando una mano a uno dei pali di legno dipinti di bianco. «So’ solidi Peppì, questa è un’arte antica, non si piega al maestrale», ma si spostano entrambi di qualche passo, pensando all’unisono che non si sa mai.
Percorrono una porzione di lungomare meno trafficata del solito, i turisti nei dehor dei ristoranti sembrano pesci in un acquario.
«Prima qua c’era il negozio di Ciccio, te lo ricordi?»
«Son tutti ristoranti qua.»
«Sì ma hai capito? Il negozio di Ciccio!»
«Peppì ho capito, il pescivendolo. Non ci sta più mo’.»
«Eh, venivo qua con mio figlio» e sospira senza che nessuno lo senta.
Quando riemergono nella strada principale il rumore del vento è coperto da risate e bottiglie che tintinnano. Rinunciano a parlarsi perché si sono detti già tutto. Peppino strofina gli occhiali ruvidi di salsedine sulla polo stirata, ma le lenti, invece di pulirsi, si riempiono di aloni circolari a cui sembra non esserci rimedio. Strisciano le ciabatte sulle chianche lisce, è il loro modo di accarezzare strade che gli erano care, poi accelerano il passo per arrivare sul ponte che sta appiccicato alla città vecchia. Il vento non molla la presa e continua a stordirli. Una turista con la gonna a fiori che sventola come una bandiera chiede a gesti se possono scattarle una foto. Solo Peppino annuisce cortese, ma le foto che fa sono scure e sfocate perché il maestrale lo disturba. La turista sembra contenta e corre via pronunciando parole incomprensibili.
«Ma tu hai sentito che ha detto?»
«No, sta il vento.»
Peppino è deluso.
Quando si siedono l’uno accanto all’altro nel treruote ammaccato, Peppino lo lascia guidare verso casa con le mani che tremano, lo sterzo scosso dallo stesso vento che agitava le luminarie.
«Te la senti di guidare? Non è che il vento è troppo forte?», la voce coperta dal motore.
«Che hai detto Peppì? Non sento!»